NON CHIAMATELI B-MOVIES!
Il cinema italiano al confine tra trash e politica
Nel panorama del cinema italiano ci sono film spesso ingiustamente sottovalutati. Dietro una regia o un montaggio o una fotografia indiscutibilmente trash, a volte si possono trovare dei messaggi importanti, ben nascosti tra le pieghe della sceneggiatura, nei dialoghi o in alcune scene cult.
Capitolo II: l’omofobia
“LA PATATA BOLLENTE”, 1979
(regia di Steno; con Renato Pozzetto, Massimo Ranieri, Edwige Fenech)
Italia del 1979: cosa avreste fatto se aveste voluto affrontare seriamente il tema dell’omofobia in un film facendolo arrivare però a tutto il pubblico cinematografico dell’epoca e non solo a quello considerato “alto e pasoliniano”? Probabilmente avreste preso l’attore comico di punta del momento, l’attrice più spogliata e desiderata delle pellicole erotico-trash dell’epoca e un personaggio famoso realmente omosessuale, possibilmente non ancora dichiaratosi e disposto a rischiare il tutto per tutto pur di portare anche nella commedia all’italiana la figura dell’omosessuale che non fosse soltanto il “culattone” del Nord, il “frocio” del Centro o il “ricchione” del Sud.
È quello che ha fatto Steno ne “La Patata Bollente”. Bersaglio delle sue critiche: la Sinistra, che sognava la grande Unione Sovietica ma incapace di accettare la “diversità” quotidiana, non distinguendosi dunque dalla Destra in quanto a razzismo e omofobia.
Steno dipinge Bernando Mambelli, detto Gandi (Renato Pozzetto) come un eroe della Sinistra: operaio, ex pugile, con i poster di Marx e Lenin sul letto e falce e martello sulla porta del bagno, Gandi difende i suoi compagni di reparto e porta avanti da solo rivendicazioni sindacali per la fabbrica. D’altro canto, però, è un amante del cinema russo d’essai e sogna di andare in URSS, per la noia della sua bellissima fidanzata Maria (Edwige Fenech) che nel film vedremo nuda “solo” tre volte. Tra i due si inserisce Claudio (Massimo Ranieri), omosessuale che Gandi salva da un pestaggio fascista portandolo a casa sua e scatenando la più classica commedia degli equivoci…
Fino a quel momento, il tema dell’omosessualità nel cinema italiano era stato già toccato negli anni ’70 da registi come Fellini e Caprioli. In nessun caso però, si tratta di film popolari, i b-movies, ossia quello che negli anni ’70 la stragrande maggioranza degli italiani andava a vedere al cinema. Nel 1978, però, ebbe un grande successo un film italo-francese con Ugo Tognazzi che raccontava la bizzarra storia di una famiglia omosessuale: Il Vizietto. Sull’onda di quel successo, il regista Steno (Stefano Vanzina, padre di Carlo e Enrico) che non era proprio uno che faceva le cose “per la gloria”, decise di mettere giù una sceneggiatura sul tema e di proporla ad un pubblico più ampio, sperando di replicarne gli incassi. Per la colonna sonora, Steno decide di affidarsi a Totò Savio, il cantante degli Squallor, che firmò un incredibile “Tango Diverso” che diventò una delle canzoni simbolo degli omosessuali italiani.
Che il film sia riuscito a far tenere in mente agli spettatori qualcosa in più dei pur statuari seni della Fenech? Scopritelo voi stessi.