Confronto e critica rispetto ad un bello (quanto incompleto) spunto di Wu-Ming sul tema fantozziano della rivolta alla Corazzata Potemkin (leggilo qui).

fantozzi corazzata potemkin


Quella di Wu Ming è una visione 2D. A mio modesto parere nello sforzo intellettuale fatto per convincerci del valore della Corazzata Potemkin e del significato politico che Villaggio voleva dare alla scena, i Wu Ming perdono di vista la terza dimensione, che è quella cinematografica contestualizzata nell’Italia del 1976. Come ricordato da loro stessi, Villaggio non era di sinistra, era di estrema sinistra (si candiderà con Democrazia Proletaria). E come sottolineato nell’articolo, il titolo del film e il nome del regista sono diversi dall’originale (Potemkin-Kotemkin, Ėjzenštejn-Einstein) non certo per una volontà parodistica – come banalmente scritto da Wu Ming – ma per una forma di totale riverenza che Villaggio aveva per la cultura cinematografica e letteraria russa, da cui aveva tratto spunto per i suoi libri su Fantozzi e per i quali verrà addirittura invitato in Unione Sovietica a ritirare il prestigioso Premio Gogol come miglior scrittore di opera umoristica tradotta in russo. Gogol è infatti il padre dell’idea fantozziana (cercate il racconto “Il Cappotto”, meraviglioso, ma non è l’unico) e persino Terry Gilliam ha ammesso di aver tratto spunto dal nostro ragionier Ugo per la famosa scena iniziale de Il Senso della Vita (il cui poster originale campeggia non a caso nel salone di casa mia) ma anche per alcuni tratti in Brazil.
Insomma, l’analisi di Wu Ming è corretta perchè analizza il tema della rivolta ma anche quello dei grandi padronati, delle Megaditte, svelando l’allegoria con il vero film del 1927. Ma è errato sostenere che non ci fosse una critica anche alla sinistraperchè chi guarda non è compagno ma un colletto bianco e chi la propone non un intellettuale ma un capitalista” (dimenticando forse che per molti di quei colletti bianchi come Filini o Calboni, Paolo Villaggio aveva tratto ispirazione dai dipendenti dell’Italsider di Genova, dove aveva lavorato, emblema della Megaditta del boom economico).

paolo_villaggio_fantozzi_sinistraLa disamina di Wu Ming si infrange sulla terza dimensione, che è quella che vedeva contrapposti il cinema alto e il cinema basso, impegnato e commerciale, ideologico e di intrattenimento. Wu Ming forse dimentica che il primo film di Fantozzi era stato disprezzato dalla critica di sinistra proprio per l’immagine gretta e ridanciana che dava degli asserviti colletti bianchi, che invece avrebbero dovuto essere rappresentati come una nuova classe operaia pronta appunto a ribellarsi al capitale. Guidobaldo Maria Riccardelli, uomo di destra e capitalista, si appropria di rituali e contenuti assolutamente icone della sinistra in quegli anni (il cineforum e il cinema russo) e li utilizza come strumento di tortura per i suoi sottoposti i quali, per contrappasso, lo costringeranno poi per due giorni consecutivi a guardare sui ceci Giovannona Coscialunga, L’Esorciccio e La polizia s’incazza. Il cinema polizziottesco e quello trash, insomma, come antidoti contro il cinema colto, ponendosi quale arma di vendetta rivoluzionaria dal basso, popolaresca e per tutti, in opposizione all’elitarismo dei detentori assoluti della cultura. A suo modo, dunque, Fantozzi vuole schierarsi contro il Sistema, che però identifica tanto nei capitalisti di destra quanto negli intellettuali di sinistra (contro cui Villaggio si schiererà con Democrazia Proletaria ma anche ai tempi di Che c’entriamo noi con la Rivoluzione, ovvero ancora prima del Sistemo l’America e torno citato da Wu Ming) diventando egli stesso un elemento dalle potenzialità sovversive (e qui arriva Folagra).
Ma in realtà Fantozzi è solo una pedina, l’emblema dell’uomo-massa manipolato: la molla che lo spinge al riscatto che poi approda al tragicomico epilogo che lo vede (ancora una volta) sconfitto deriva dal suo desiderio di imporsi, di mettersi in luce rispetto all’anonimato al quale è condannato da una società che non solo non lo capisce, ma neanche lo riconosce: la destra lo sfrutta, ma la sinistra non lo ha mai difeso. Una mediocrità che lui ha abbastanza intelligenza per capire ma non abbastanza forza per rifiutare. In fondo cosa è per lui schierarsi contro la Corazzata se non una pia illusione di appartenenza, la speranza di poter entrare per una volta in complicità con i colleghi senza essere l’ultima ruota del carro?

In conclusione, la domanda che i Wu Ming non si fanno è: è più di sinistra e proletario la Corazzata Potemkin-Kotemkin o il frittatone con la partita? Ancora oggi è una risposta che non mi so dare… Quello che so per certo è che Fantozzi (che rappresenta tutti noi) è una vittima di quella contrapposizione, il risultato mostruoso di un incrocio sociale in cui – ancora oggi – destra e sinistra si scambiano i ruoli e le parti, a seconda del punto di vista. Il prototipo di quel “popolo” che la sinistra anziché ascoltare giudica, anziché includere addita: “ecco gli italiani” o “ecco in che paese viviamo”, le frasi più gettonate ultimamente sui social, come se gli italiani fossero altri da noi, come se Fantozzi fosse altro da noi. Una sinistra che muore e si consegna agli strilloni del populismo nel momento stesso in cui rifiuta di “abbassarsi” al livello del confronto che invece era la sua prerogativa sin dagli anni del dopoguerra: i contadini e gli operai nel cui bacino di voti attingeva il PCI tra i ’50 e i ’70, d’altronde, non saranno certo stati fini intellettuali.
Ecco perché, delusi da una Sinistra che li scansa e li schifa ma troppo orgogliosi per consegnarsi alla Destra dei padroni, molto probabilmente agli Ugo Fantozzi di oggi non resterebbe altro che votare Movimento 5 Stelle. 

NB: nel testo sono presenti riferimenti liberamente tratti dal libro “Destra e Sinistra nel cinema italiano” di Christian Uva e Michele Picchi (Edizioni Interculturali Uno, 2006), la cui lettura consiglio vivamente.