La media voto dei calciatori del Lecce in base alle Pagelle della stampa nazionale e locale, con le considerazioni della Penna Verde.

In un match che sembrava poter essere la fotocopia di quello di Genova, il Lecce si ribella al destino che lo voleva ancora dominante, sprecone e sconfitto e mozzica due volte una pessima Fiorentina nel recupero, conquistando tre punti dal valore psicologico fondamentale.

L’AVVERSARIO: FIORENTINA. Quella che approda al Via del Mare non è una Fiorentina in salute. Il risultato pieno manca dall’ultima del 2023, ciononostante contro l’Inter sia arrivata una sconfitta di misura, con tanto di penalty sbagliato dal rientrante Nico Gonzalez, stella della squadra. Il Salento pare proprio la tappa giusta per innescare il rilancio, ma non sarà così. Gli uomini di Italiano sono da subito in balia di quelli di D’Aversa, Faraoni e Biraghi non riescono a contenere Almqvist e Banda, Quarta e Ranieri perdono ogni duello con Krstovic, Bonaventura (suo l’unico tiro, seppur fuori dallo specchio) svaria e si sbraccia con i compagni che a suo dire non lo seguono e mal lo servono, Nzola sull’esterno offensivo è un problema più per sé stesso che per gli avversari. Solo la fortuna e un grande Terracciano tengono a galla i viola nella prima frazione, così all’intervallo Italiano ne cambia tre e la cosa sembra funzionare, quanto meno dal punto di vista dell’approccio. Perché all’ennesimo gol sbagliato dal Lecce, Mandragora si infila in un pertugio lasciato da Kaba e fulmina Falcone con un sinistro imparabile. La Fiorentina prende coraggio e, pur non producendo nessuna occasione, alza progressivamente il baricentro fino alla frittata di Falcone che regala il gol a Beltran, fotocopia di quello già visto contro il Monza di Di Gregorio.
Il quarto d’ora che ne segue vede il Lecce appannarsi, ma i gigliati appaiono tatticamente goffi, ingolfati di punte (tre centravanti puri più Nico Gonzalez) ma senza idee su come servirle, in un 4-2-4 che mette a disagio più di qualche protagonista in campo. A maggior ragione ci si chiede – specialmente a queste latitudini – come mai la Fiorentina abbia lasciato andare in Serie B e a un prezzo ridicolo un giocatore come Strefezza (subito in gol a Como, intanto) a lungo inseguito, corteggiato e a un certo punto addirittura richiesto dallo stesso mister, in carenza di un esterno dopo la partenza di Brekalo. Poco spiegabile anche l’ingresso di Parisi a fare una sorta di mezzala esterna, inventando di sana pianta una difesa a tre con Biraghi braccetto poco e soprattutto ignorando Barak, unico centrocampista in panchina che avrebbe potuto portare quella fisicità e quella qualità di cui la mediana viola in quel momento aveva disperato bisogno.
L’occasione per chiuderla, in verità, ce l’avrebbero Belotti e Parisi nella stessa azione, che però ha invece l’effetto di defibrillare il Lecce. Ripreso il possesso palla, i giallorossi si riversano nell’area avversaria con tutta la rabbia in corpo, che una squadra spezzata in due tronconi non riesce a sostenere. A marcare Piccoli in area c’è Belotti dopo che Nzola anziché spazzare di testa la rimette in mezzo, mentre sul 3-2 è evidente la voglia dei giallorossi di vincere contro la mollezza dei viola nel contrasto che avvia l’azione, nella rincorsa all’indietro, nell’opposizione al cross e al tiro (Terracciano a parte) e nelle marcature. Italiano avrà sicuramente tanto lavoro da fare nella testa dei giocatori (ma in primis forse nella sua), perché una rosa con queste qualità, con queste alternative, ha il dovere di continuare a lottare per un posto in Europa fino alla fine della stagione.

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con gli highlights di Lecce-Fiorentina 3-2

I voti della stampa, le considerazioni de La Penna Verde

FALCONE 4,8. Prima di andare a festeggiare sotto la Curva, al triplice fischio i giocatori del Lecce sono tutti abbracciati a lui. È una delle tante cartoline della serata: ha salvato il Lecce in tante occasioni, è stato bello vedere per una volta il Lecce salvare lui. Certo, la frittata su Beltran (fotocopia di quella dell’anno scorso a Bergamo con Hojlund) è stata grave, ma l’appoggio di Baschirotto forse di più. Ciononostante, per la stampa inevitabilmente il peggiore in campo.

GENDREY 6,2. Piace sempre di più con questi inserimenti ad affettare le difese avversarie. Dopo il gol di Cagliari ha preso coraggio e, settimana dopo settimana, la scelta di D’Aversa di farlo partire più alto in fase di costruzione lo sta aiutando. Sottil (che pure era stato in predicato di vestire il giallorosso nella fantomatica trattativa che avrebbe portato Strefezza a Firenze) non lo vede mai.

PONGRACIC 6,45. Eh si, ogni tanto sembra di rivedere Umtiti. La capacità in marcatura c’è sempre stata, così come il carisma. Le uscite palla al piede stanno diventando sempre più frequenti. Per emulare le gesta del francese, mancherebbero solo i lanci millimetrici per servire gli esterni alti.

BASCHIROTTO 6,4. Forse sarebbe più a suo agio contro Nzola rispetto a Beltran, ma esce sempre vincitore dai duelli col suo solito mestiere. Una discreta percentuale del gol di Beltran, va detto, è pure sua.

GALLO 6,35. Anche lui in un periodo di ottima forma in una partita complicatissima perché Nzola, oltre a sovrastarlo fisicamente proteggendo e ripulendo palloni spesso impossibili, non si fa problemi neppure a sfidarlo sulla corsa. Per questo si sfianca e viene giustamente sostituito, anche se pesa nel giudizio complessivo il rinvio di testa a casaccio che avvia il gol di Mandragora.

(DORGU 7,25). Sembrava il solito cambio ruolo per ruolo ed effettivamente lo era. Ma la corsa di ottanta metri per seguire l’azione che poi lui stesso concluderà col 3-2 al 93° merita tutti i complimenti del caso, anche se – e lo dobbiamo dire, se lo pensiamo – 99 volte su 100 quel tiro di piatto finisce in fallo laterale.

KABA 6,35. Sontuoso nel primo tempo, disastroso nel secondo. Dopo Genova, si conferma l’emblema di questo Lecce double face che si concede facilmente ad avversari che, fino a pochi minuti prima, non sembravano neppure in grado di sfiorarlo. Ignoriamo quale sia il problema alla base, fortunatamente c’è uno staff preposto e pagato per questo. Noi ci limitiamo a segnalarlo e a riportare ciò che vediamo: un centrocampista così in Serie A farà gola a molti, non lo sposti mai, non la perde mai ed è pure preciso a rifinire. Ma su quei passaggi a vuoto nel secondo tempo – vedi tappeto rosso steso a Mandragora sull’1-1 – bisogna assolutamente lavorarci. A 22 anni, poi, migliorarsi è un dovere.

(GONZALEZ 6,56). Nell’altalena di prestazioni assolutamente legittima per un 2002 (Kaba, per dire, è un 2001), stavolta capita in quella “up”. Subentra a un Kaba praticamente già con la testa e le gambe in panchina da diversi minuti quando manca giusto un quarto d’ora alla fine e praticamente sovverte le sorti della gara, prendendo possesso di tutti i palloni che passano dal centrocampo, compreso quello della ripartenza che porta al 3-2 che sdradica letteralmente dai piedi di Parisi con una veemenza in cui tutti i tifosi del Lecce si sono potuti identificare. Nella giornata del rientro di Nico, spunta Joan, il Gonzalez che non t’aspetti.

BLIN 6,55. Gigantesco in mezzo al campo e non solo perché fisicamente sovrasta Maxime Lopes. Gasa quando va in scivolata a recuperare palloni sulla linea laterale e quando per pochissimo non segna di testa su corner. Lo dicemmo a suo tempo, è lui il capitano del Lecce.

OUDIN 6,8. Ancora complicato giudicare la sua prestazione. A costo di essere tacciati di accanimento, a parte una punizione su cui la barriera si apre inopinatamente, è il solito Oudin dal passo lento che spesso e volentieri perde i tempi di gioco vanificando gli inserimenti dei compagni. Allora, al netto che è lapalissiano che l’esterno d’attacco non gli viene tanto bene, forse bisogna capirsi su cosa si intende per mezzala offensiva: se si intende un giocatore che abbia la qualità di inserirsi, concludere e magari dettare pure l’ultimo passaggio o condurre una transizione, il timore è che Oudin possa non esserlo. Se invece si intende un giocatore dai piedi buoni, che abbia una visione di gioco periferica (da sviluppare, però, preferibilmente in velocità) e possa sventagliare precisi fendenti da una parte all’altra del campo, allora forse si. Ma è questo ciò che occorre ai tre del centrocampo leccese? Ribadiamo, il timore è quello.
Il terrore, invece, è che Oudin si stia tatticamente e progressivamente trasformando in un Tachtsidis e che, a lungo andare, rischiamo di vederlo proprio regista davanti alla difesa a dirigere col suo sinistro al compasso (ma compassato) la manovra.

(PICCOLI 7,1). Stavolta D’Aversa fa una scelta coraggiosa, inserendolo in vece di Oudin anziché di Krstovic. E, d’altronde, la piega folle e clamorosa che aveva preso la partita richiedeva delle azioni altrettanto folli e clamorose, se tale si può definire la mossa di avere davanti due punte di peso. Il talento di proprietà Atalanta va ben oltre il suo dovere, lottando ad armi pari con Milenkovic e liberando spazi a Krstovic, decollando sulle spalle di Belotti per l’inzuccata (tutt’altro che semplice nell’esecuzione atletica e tecnica) dell’1-1 al 90° e, infine, facendo vedere al dirimpettaio Nzola come si gioca sugli esterni anche quando sei una prima punta di 1,90, ricevendo da Gonzalez in transizione e mettendo in mezzo una palla rasoterra al bacio per Krstovic, il cui epilogo poi abbiamo visto e rivisto centinaia di volte nelle ultime ore.

ALMQVIST 6,55. L’interrogativo è se rivedremo o meno l’Almqvist delle primissime giornate. Lo svedese pare giochi a sprazzi, talvolta perché ormai prevedibile, altre perché si estranea un po’ dalla partita. Anche in fase difensiva, si prodiga in recuperi indispensabili specialmente quando Gendrey avanza, mentre in alcune occasioni resta a passeggiare in fuori gioco. Fatto sta che a fine partita Biraghi è furioso e in qualche modo sarà anche per colpa sua.

KRSTOVIC 6,5. No, non vogliamo sapere se su quel tiro a dieci centimetri dalla porta finito sui cartelloni fosse in fuorigioco. Si, è un errore grave, gravissimo, paragonabile persino alla topica di Falcone e in caso di risultato negativo ce le avremmo stampate negli occhi entrambe (e non che le chance del Lecce siano state poche). Ma il lavoro che ha fatto in campo – che solitamente si definisce “sporco” – contro la Fiorentina è stato più pulito che mai, nel senso di evidentissimo anche per chi non mastica troppo pallone: il suo apporto è stato indispensabile, giocando praticamente da falso nove in una porzione di campo e con dei compiti di rifinitura che, a nostro parere, dovrebbero tatticamente toccare a Oudin, ma in cui invece il francese pecca. E Krstovic, è proprio il caso di dirlo, si carica la croce.

BANDA 6,05. Sicuramente avrà tante tossine addosso, ma la palla che spara addosso a Terracciano dopo il regalo di Milenkovic grida vendetta. Per il resto il copione è simile a quello di tutte le altre volte, ovvero: per prenderlo, non lo prendono, poi però bisogna vedere che cosa se ne fa di cotanta libertà conquistata falcate su falcate.

(SANSONE 6,19). Nella batteria di esterni lui ha un altro ruolo, essendo come caratteristiche più vicino all’ormai andato Strefezza. Da subentrante lo interpreta alla grande, difendendo palla e prendendosi qualche rischio (e qui si a maggior ragione si accettano come sempre anche pareri contrari). Comunque prezioso.

D’AVERSA 7. Arrivati a questo punto dell’articolo non ho potuto fare a meno di andare a rileggere quello della settimana scorsa. Vi ripropongo la conclusione, credetemi, è indispensabile:

Commentare questa partita è sconfortante quanto averla persa. Ci lascia in eredità la consapevolezza di avere delle qualità, di saperle mettere in campo, ma al tempo stesso di essere fragili come dei fuscelli, canne al vento. Eppure non troppo tempo fa quelli che facevano le rimonte eravamo noi, la stessa porzione di partita in cui ora il Lecce si scioglie era la “zona Lecce” che ha frantumato le certezze di squadre come Milan, Lazio o Fiorentina (nostra prossima avversaria al Via del Mare). E che ci faceva commentare: ma perché non si riesce a giocare tutta la partita come gli ultimi 20-30 minuti? Ora siamo all’opposto: lo strazio di questo sport è il non avere vie di mezzo, di vivere costantemente sulle montagne russe. Cosa si può dire oggi a questi ragazzi, come anche a tutti i tifosi, all’indomani di una sconfitta del genere? Coraggio. Si, forse solo questo“.

Ed eccoci qua, di nuovo sulle montagne russe, senza vie di mezzo, a commentare uno sport ordinariamente folle.
Una notazione da fare subito è che stavolta D’Aversa, nonappena passato in svantaggio, non ha aspettato neppure un secondo per mettere Piccoli accanto a Krstovic con Banda e Almqvist ai fianchi. E, incredibile ma vero, la mossa ha funzionato, complice anche il fatto che pure la Fiorentina era già da dall’inizio del secondo tempo a 4 in avanti. Ma la vera mossa, a parer di chi scrive, è stato l’inserimento di Dorgu e Gonzalez a 15 minuti dalla fine. Eh si, perché stavolta anche i “ruolo su ruolo” hanno pagato, forse per il semplice fatto che quel ruolo lo hanno interpretato diversamente, con le loro caratteristiche. Specialmente Gonzalez, ha fatto la vera mezzala di spinta, trascinando col suo entusiasmo pubblico e compagni fino alla vittoria.
Nel mezzo, non dimentichiamolo, il Lecce aveva fatto e disfatto, tutto da solo, al massimo con la complicità di Sottil in barriera sulla punizione di Oudin, ben propiziata però dalla finta di Banda. Poi una sequela di occasioni sbagliate, anche a tu per tu col portiere, e lo spettro di Genova ad aleggiare sul Via del Mare, fino a palesarsi prima col gol di Mandragora (al primo tiro nello specchio degli ospiti) e poi nel pasticcio tra Falcone e Baschirotto. È lì, è in quel momento che il destino della squadra sembra compiersi: una squadra troppo bella per essere vera eppure sprecona in maniera dissoluta. D’Aversa, che in conferenza aveva detto “Dobbiamo essere meno belli e più concreti”, ha lasciato che tutti pensassero “Ecco, è arrivato il momento del catenaccio di D’Aversa”. E invece no, il Lecce gioca, fraseggia a tratti spumeggia su una Fiorentina scollata e inerme. Ma non punge. E quando il destino sembra star lì per compiersi, gli undici titani in maglia giallorossa si ribellano al volere degli dei del calcio e con uno sforzo sovra-umano vincono, ribaltando non solo il risultato, ma i cuori di tutto lo stadio, lo stato d’animo di tutti i tifosi salentini sparsi nel mondo già pronti a struggersi come la scorsa settimana ma forse, e soprattutto, l’approccio mentale alla seconda parte di stagione.
La corsa di D’Aversa sotto la Curva è un’altra cartolina significativa di giornata. Non ci vergogniamo a dire di aver pensato a Carletto Mazzone, perché in quella corsa c’è probabilmente lo stesso sfogo: quello di chi sa di essere solo contro tutti, di avere dalla propria parte solo il suo popolo, consapevole che nulla gli è stato e nulla gli verrà regalato, anzi.
Rispetto alla scorsa settimana, dunque, la domanda si ripropone: che cosa si può dire oggi a questi ragazzi? A risultato opposto, però, la risposta è la stessa: non “grazie”, come qualcuno si aspetterebbe, bensì “coraggio”, perché la strada è ancora lunga e terribilmente in salita. Per i ringraziamenti, speriamo, ci sarà tempo.

Lecce Fiorentina 3-2 Dorgu Piccoli Falcone Oudin DAversa SerieA 2024 Curva Nord

Le pagelle definitive: la tabella con le medie voto finali in base ai giudizi della stampa locale e nazionale.

Clicca per ingrandire la tabella delle pagelle definitive (in grassetto i migliori e peggiori per ciascuna testata)


Serie A 2023/24: le pagelle definitive del Lecce

Lecce-Lazio 2-1
Fiorentina-Lecce 2-2
Lecce-Salernitana 2-0
Monza-Lecce 1-1
Lecce-Genoa 1-0
Juventus-Lecce 1-0
Lecce-Napoli 0-4
Lecce-Sassuolo 1-1
Udinese-Lecce 1-1
Lecce-Torino 0-1
Roma-Lecce 2-1
Lecce-Milan 2-2

Verona-Lecce 2-2
Lecce-Bologna 1-1
Empoli-Lecce 1-1
Lecce-Frosinone 2-1
Inter-Lecce 2-0
Atalanta-Lecce 1-0
Lecce-Cagliari 1-1
Lazio-Lecce 1-0
Genoa-Lecce 2-1